Leggo le storie di Guido Crepax

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Dicembre 26, 2024

Media: Grifo Edizioni

Frankestein di Guido Crepax

Paci Dalò, Roberto

Leggo le storie di Guido Crepax, in Frankestein di Guido Crepax

Grifo Edizioni, Castiglione del Lago, 2002.

Leggo le storie di Guido Crepax da 25 anni ormai. E’ con Crepax che mi sono sentito, da giovane e non abitandoci, dentro a una città come Milano. Dentro alle vicende culturali e politiche di quegli anni che facevano di questa città un luogo speciale. E nelle sue storie dell’epoca continuamente apparivano una serie di riferimenti – un libro, un oggetto, un luogo – che testimoniavano della capacità di Crepax di parlare apparentemente di sogni e incubi ma che in realtà evocavano la concretezza di un’intera epoca e del suo rapporto addirittura storico con vicende politiche riguardanti la dittatura fascista durante la quale Valentina nasce. Vedo Crepax letteralmente ossessionato dalla storia e dai suoi micro a macro eventi (e per questo che scrive storie così bene ed è, come un vero storico, così attento ai dettagli).

Erano gli anni di Linus, L’uno, AlterLinus, e sono letteralmente cresciuto dentro a queste scritture, dentro a questi disegni. Nella loro “semplicità” portatori di istanze estetiche e politiche forti e per me tuttora importanti al di là delle mie scelte lavorative (ebbene sì, ho sempre voluto fare fumetti e mi sono ritrovato a fare il regista e il musicista). Ma ancor oggi le tavole di Crepax mi accompagnano – nel lavoro – nella loro compresenza, fascinosamente ambigua, di realtà e finzione in un’era che a.O. (ovverosia: after Orson Welles) non ci autorizza più a perdere tempo per cercare di definire cosa sia “vero” e cosa sia “falso”. E Valentina Rosselli è così viva, e vera, proprio nel suo approssimarsi alla morte. E’ viva perché soggetta alle umane leggi dell’invecchiamento (nata a Milano il 25 dicembre 1942 dice la sua carta d’identità rilasciata il 15.3.1970) ci ha consentito di trascorrere il tempo insieme in una quieta condivisa solitudine. Come il computer perfetto sarà non quello in grado di immagazzinare tutti i dati possibili, bensì quello in grado di dimenticare (dono supremo della mente umana), così Valentina fa sentire la sua umanità spingendola a forza fuori dalla pagina, fino a noi, riaffermando il suo essere vera.

La maestria del montaggio fa sì che una pagina di Guido Crepax contenga solitamente molti punti di vista e permetta lo svolgimento di più azioni in parallelo. Tutto ciò è per me così soprendentemente moderno e, in certi momenti, ho guardato all’arte contemporanea anche attraverso le visite di Phil Rembrandt al Guggenheim di New York che commenta alcune opere che lo fanno pensare alle creature del sottosuolo. E così che dai fumetti si migra verso le sculture di Moore, i dipinti di Kandinsky, le architetture di Le Corbusier a Frank Lloyd Wright. Tutti uniti dal segno sottile, dal filologico pennino, debitore dell’amore dell’autore per la musica e il jazz. E non a caso le tavole di Crepax sono sempre pervase di ritmo, contrappunto dando sempre una affascinante sensazione di jam session. Costruite in maniera compositiva nella quale ogni elemento è importante e ogni dettaglio è in grado di influenzare l’intera struttura. Ma qui siamo già nel mondo della fisica.

Strana introduzione questa dove non si parla del libro in questione. Però vorrei, alla fine della pagina, dire due cose più specifiche. In Frankestein Crepax sceglie deliberatamente un tratto scarno che non può non richiamare con emozione alle primissime apparizioni di Phil Rembrandt. Ancora una volta si ha la sensazione di come Crepax si diverta a giocare con il tempo rielaborando le proprie tecnologie della visione. La pagina ha ora un’unica cornice e l’azione – sempre magistralmente intrecciata e sovrapposta – rinuncia addirittura alla creazione delle piccole finestre con dettagli per definire sorta di affreschi fatti di segni d’inchiostro dove è lecito perdersi inseguendo i dialoghi dei personaggi.La storia, benché conosciuta da tutti (o forse no…) avvince subito in un flashback così cinematografico che immediatamente si è dentro la narrazione dell’esploratore Robert Walton al suo incontro con Victor Frankestein. Il vero pericolo di questo libro? la tentazione di leggerselo tutto d’un fiato in libreria, quando invece è fondamentale portarlo a casa e concedergli il giusto tempo. Affinché sia possibile un’azione importante quasi quanto il lèggere: ri-lèggere. Ritornare con lo sguardo a qualcosa di già visto per sorprendersi nel ritrovare ogni volta altri e molti suoni.

Roberto Paci Dalò