Fino al 30.XII.2018 Roberto Paci Dalò. Shul Palazzo del Merenda, Forlì

Elena Dolcini
exibart
6 Novembre 2018

Fino al 30 dicembre 2018 avremo l’occasione di visitare Palazzo del Merenda in Corso della Repubblica 72, a Forlì, chiuso dal 2012, ma ora aperto perché location di “Shul”, mostra personale di Roberto Paci Dalò, a cura di Davide Quadrio. Una mostra che vale la pena visitare non solo per la sua grandezza minimale, valore estetico e storico, semplice complessità e armonia quasi teleologica, ma anche per il suo essere strumento di conoscenza, nell’aprire le porte di un palazzo, simbolo cittadino da tempo inaccessibile.
Shul, parola yiddish che significa “sinagoga”, è un’installazione sonora e spaziale creata ad hoc per il Palazzo al cui interno si possono osservare capolavori del Seicento di Carlo e Felice Cignani, Guercino, Guido Cagnacci, Andrea Sacchi, Maratta ed altri. Il luogo è parte integrante della mostra, per cui l’artista, che è anche regista e musicista, ha curato meticolosamente l’illuminazione, eliminando quella di routine e creando dei percorsi di luce appositi, che mettono in evidenza particolari inusuali o decentrati dei quadri alle pareti.
Dalò invita lo sguardo del visitatore ad andare “oltre”: così come i soggetti religiosi dei dipinti vogliono essere guardati in maniera ascensionale, dal basso verso l’alto, così l’installazione a terra di Dalò accompagna il visitatore per un percorso che si estende orizzontalmente per vari metri. L’installazione si compone di un tappeto, uno ma molteplice, che racchiude in sé dieci disegni della cabala ebraica, neri in ciniglia su uno sfondo bianco in cotone. Al centro, l’artista ha posizionato una sorta di Sukkah, capanna, una costruzione in metallo dal cui “tetto” scende un telo bianco e a cui è sospesa una yad, una scultura/mano che serve per seguire le scritture ebraiche sui libri in pelle di animale, che non possono essere toccati direttamente dalla mano dell’uomo. Questa scultura in argento, così come la mostra, è semplice e complessa allo stesso tempo: agli estremi della yad, da un lato, si vede un musicista in miniatura e dall’altro il dito con cui si può sfiorare il libro. Lo stesso atto di “sfiorare” è riproposto nell’aver lasciato sospesa la yad a un millimetro dalla tavola dorata sottostante, che metonimicamente, attraverso il suo colore, simboleggia un’icona bizantina.
Le religioni e la loro armonica convivenza sono, senza retorica, al centro di “Shul”, una descrizione visiva di elementi rituali ebraici, che si compone anche di riferimenti al mondo islamico (il tappeto) e a quello cristiano ortodosso (l’icona dorata). “Shul” è anche una mostra generativa: nel corso della sua esposizione a Palazzo del Merenda, Dalò aggiungerà progressivamente 26 tappeti, fino ad occupare gran parte del pavimento. Quella dei tappeti è materia che dialoga non solo con gli olii alle pareti, ma anche con l’installazione sonora, criptico montaggio composto da suoni e silenzi, da strumenti musicali e voci umane. Shul è, di nuovo, un regalo del suo artista, da anni impegnato nell’esprimere concetto e spiritualità laica, cultura materiale ed estasi religiosa, attraverso un linguaggio visivo rituale, essenziale e vitale.