Manuel Spadazzi
Il resto del Carlino
2 Novembre 2011
I riminesi entusiasti per il «De bello gallico» rappresentato nel cantiere
GLI ALTRI hanno i teatri stabili. «Noi abbiamo il primo teatro instabile d’Italia..». Instabile, precario, il Galli di oggi. Un cantiere aperto ma dal fascino incredibile, come ha dimostrato il successo di pubblico e il gradimento dei riminesi per De bello gallico, lo spettacolo voluto da palazzo Garampi e ideato da Roberto Paci Dalò per mostrare il teatro polettiano, prima che partano i lavori definitivi di restauro. Bellissimo il lavoro messo in scena da Paci Dalò, per le luci, l’ambientazione e le atmosfere che ha saputo regalare. Trenta minuti di musica e teatro dal ritmo incalzante, di potenti e suggestive immagini, proiettate sulla facciata dove sarà collocato il palcoscenico. Merito di Paci Dalò e dell’amministrazione che ha creduto nella possibilità di far tornare il Galli in scena, senza aspettare altri anni (il restauro del teatro si concluderà nel 2014). De bello gallico «è stato solo il primo di una serie di appuntamenti ed eventi che rappresenteremo al Galli, nel corso del cantiere — promette il primo cittadino Andrea Gnassi — Siamo riusciti a creare qualcosa di unico: gli altri hanno il teatro stabile, noi ci siamo inventati il primo teatro ‘instabile’». Che è piaciuto tantissimo, agli oltre 600 ( tra cui la stilista Ferretti, il presidente della Fondazione Carim Pasquinelli e tanti altri illustri riminesi) che tra lunedì e ieri si sono recati a vedere lo spettacolo. Bellissimo il foyer, i cui lavori di recupero sono quasi ultimati (e gli affreschi tornati ad antico splendore). Suggestivo il percorso nelle altre stanze, tra calcinacci, muri scrostati, fili elettrici, fino alla sala che un tempo era la palestra. Chi ha assistito allo spettacolo, ha potuto ammirare anche i resti della domus romana, delle mura medievali e dei grandi mosaici rinvenuti nella zona dove sarà costruita la torre scenica. A vederlo così, come l’ha mostrato Paci Dalò con il suo spettacolo, a molti è venuto da chiedersi: «Vale la pena vendere 30 milioni per rifare il Galli com’era dov’era? Non si poteva fare un recupero diverso, più moderno». Gnassi stesso, ai tempi in cui si è deciso, aveva l’idea di un recupero diverso, non strettamente filologico. Il tempo delle decisioni è finito, quel che conta è che il Galli, finalmente, tornerà in scena. Anzi, è già tornato.