DE BELLO GALLICO – ENKLAVE RIMINI
Uno spettacolo di teatro musicale tra i ruderi dello storico teatro riminese ora cantiere
Un esercizio di memoria, prezioso in una città come Rimini, non si capisce se più cinica o distratta, portata a dimenticate tutto con velocità impressionante. Anamorfosi scenica per voce, clavicembalo e lives electronics, De Bello gallico. Enklave Rimini è lo spettacolo musicale ambientato da Roberto Paci Palò nel cantiere rudere del Teatri Galli, con cui l’artista riminese ha reso visibile una ferita che sanguina ancora da oltre sessant’anni. De bello gallico, il testo di Cesare che si traduceva al ginnasio, qui evoca tragici e ancora recenti avvenimenti di guerra, ma allude in modo velatamente ironico anche a una querelle interminabile, attorno a una ricostruzione, quella del Teatro Galli a cui ormai non crede più nessuno. Enklave Rimini si riferisce invece a un aspetto poco conosciuto di storia locale, quando la riviera romagnola – da Cattolica a Cervia – era un grande campo di prigionia per migliaia di soldati tedeschi. Queste informazioni sono affidate alla proiezione di un dattiloscritto che, scorrendo al ritmo veloce di una macchina da scrivere, delinea in poche parole la situazione di un territorio in cui si mescolavano razze e lingue, quasi a preludere a una futura vocazione internazionale. A fare da anfitrioni il sindaco insieme all’assessore alla cultura e all’identità dei luoghi, che hanno illustrato brevemente il senso del percorso all’interno del Teatro Galli al pubblico: tre turni di cento persoli, per due sere, con biglietti polverizzati in pochissimo tempo, segno – se non di affezione – almeno di curiosità da parte dei cittadini. Esercizio della memoria significa ricordare un’eredità artistica straordinaria: in primo luogo quella di Verdi,che per la stagione inaugurale del teatro, scrisse appositamente (1857) un’opera, l’Aroldo, e soggiornò a Rimino con la moglie per sovrintendere alle prove. Era solo l’inizio di una gloriosa avventura, perché sul palcoscenico riminese si avvicendarono le massime star del podio e vocali dell’epoca, ma destinata a finire il 28 dicembre 1943, quando il teatro fu colpito dalle bombe. Crollarono il tetto della sala e il palcoscenico, successivamente furono demolite le parti laterali e i diversi ordini dei palchi.
Esercizio di memoria significa anche pensare – ed è storia recente – alle associazioni culturali riminesi che si sono adoperate per la ricostruzione del teatro, trovando scarso ascolto a livello politico: un impegno culminato, all’inizio del 2000, in una catena umana di cittadini che hanno circondato il perimetro del Galli per chiederne il ripristino filologico, durante una manifestazione a cui avevano dato la loro adesione artisti e intellettuali italiani, da Claudio Abbado a Dario Fo, da Riccardo Muti a Tonino Guerra, con Renata Tebaldi prima firmataria.
Esercizio della memoria significa riscoprire un luogo fisico, uno spazio che nessuno aveva mai visto. Il percorso è iniziato dalla fastosa Sala delle Colonne, fino a pochi anni fa sede di mostre è ora un cantiere, che Andrea Ciavatta ha illuminato con fredde luci. Provoca una certa inquietudine il busto dell’architetto modenese Luigi Potetti, l’artefice del Galli, tanto più che girando lo sguardo non si vede la sontuosa balaustra della scala, ma una modernissima struttura di metallo che la sostituisce (in modo definitivo?). Si accede poi nello spazio un tempo occupato dalla sala teatrale, per tanti anni trasformato in palestra. Qui la prospettiva è straniarte, con la nuda parete intervallata dalle porte d’ingresso ai palchi e, al posto del palcoscenico, resti romani e di mura medievali. Tra i ruderi, la vocalist Luisa Cattifogli e la cembalista Chiara Cattanli hanno eseguito suggestive rielaborazioni musicali riecheggianti le atmosfere rinascimentali di John Dowland, mentre Roberto Paci Dalò, alla consolle, convertiva elettronicamente i suoni in immagini, visualizzandole sul fondale di quello che era il palcoscenico. Ma le emozioni più forti arrivano dalla proiezione di una storica foto, che ritrae la platea gremita del Galli, e si sovrappone per qualche istante ai ruderi. Affascinante stratificazione di memorie che riaffiorano dal passato, interrogandoci.