Marta Santacatterina
Artribune
10 Febbraio 2020
La prima impressione che si ha sfogliando Ombre è quella di trovarsi di fronte a una “guidina” di un museo, con tanto di pianta della pinacoteca, ma tutto il resto – immagini e parole – è poesia. pensiero, suggestione. E le ombre che pagina dopo pagina si formano sono quelle degli eventi, dei personaggi storici che hanno segnato le vicende della Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia, e poi quelle degli artisti e delle loro opere, che l’autore coglie grazie a uno sguardo inedito e assolutamente originale. I brevi racconti scritti a mano, l’attenzione che si sofferma sui particolari minuti, sui simboli, sugli animali fantastici, l’impostazione mai didascalica bensì carica di rimandi, tra informazioni ed esclamazioni, fanno di questo volumetto un’opera che apre nuove strade per ciò che riguarda l’esperienza di visita museale. Senza dimenticare però che Ombre è anche, e soprattutto, un raffinato libro d’artista. Ne abbiamo parlato direttamente con Roberto Paci Dalò (Rimini,1992).
Cominciamo dal principio, un principio che dev’essere per forza originale, visto il risultato: come è nato Ombre?
L’idea è nata dal direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria, Marco Pierini, per festeggiare i cent’anni del museo con la pubblicazione di un volume non usuale, che non assomigliasse al canonico coffee table book. Ci conosciamo da più di dieci anni, in passato ho lavorato in tutti i luoghi in cui Pierini è stato direttore, e questa volta mì ha affidato l’incarico a scatola chiusa: l’unica richiesta è stata quella di realizzare un taccuino d’artista da riprodurre in anastatica. Per il resto, mi ha lasciato la massima libertà. Più in generale l’intenzione del direttore era ed è quella di avviare un progetto editoriale e una collana dedicata alla galleria, e allo stesso tempo di “scatenare” una progettazione legata all’arte contemporanea: in quel luogo non ha senso fare mostre di arte contemporanea, quindi ha trovato un diverso modo per coinvolgere gli artisti di oggi. Il progetto prevede, per i prossimi anni, la commissione di altri taccuini a esponenti non solo dell’arte, ma anche di discipline diverse.
E, allora, dal dicembre 2018 ti sei messo al lavoro… come?
Ho cominciato a Natale del 2018 e a primavera del 2019 ho consegnato il libro terminato. L’obiettivo consisteva nell’affrontare, con l’esiguità dei mezzi a disposizione -120 paginette, matita, acquerelli, china – una collezione prestigiosa come quella conservata a Perugia, che comprende capolavori di Duccio, Piero della Francesca, Perugino, Pinturicchio. Ma come farlo? Nel precedente autunno ero andato a trovare l’amico fotografo Guido Guidi, che mi aveva consigliato di riflettere sugli studi e le metodologie di Daniel Arasse: in particolare mi colpì l’attenzione al dettaglio dello storico dell’arte francese, e quello è stato il punto di partenza per trovare un mio modo che mi ha portato infine a lavorare sulle componenti minime.
Sfogliando le pagine questo è evidente: ogni “racconto”, ogni “ombra” sembra scaturire da una meditazione attraverso cui si intuiscono delle linee generali sfocate, mentre si definiscono con esattezza alcuni dettagli…
I miei disegni molto raramente evocano l’opera complessiva, sono quasi tutti dettagli, ad esempio delle figurine di un millimetro che nessuno mai osserva. Ho usato una sorta di lente di ingrandimento anche per giocare con la scientificità dell’analisi delle opere: esiste infatti tutto un mondo possibile, una zona liminale da esplorare, e di cui si è parlato solo fino a un certo punto. Ma non c’è solamente l’immagine: Ombre è una costellazione di frammenti di testi – di Giorgio Agamben e Saul Steinberg, per fare solo due nomi -, è un libro di citazioni e propone un punto di vista plurimo fatto dalle voci degli altri. Per quanto riguarda il mio lavoro davanti alle opere della galleria, mi sono affidato al ricordo del metodo di Giovanni Battista Cavalcaselle, riferimento assoluto per questo ambito. Nelle sale ho disegnato uno storyboard, mantenendo poi quel primo ordine per realizzare i disegni mediante tecniche non correggibili, dalle quali derivala caratteristica freschezza.
Quali sono state le reazioni degli addetti ai lavori quando hanno sfogliato Ombre?
La prima cosa che mi hanno detto – e che mi ha reso orgoglioso – è che grazie a questo libro hanno scoperto dettagli che non avevano mai visto. La seconda è che si tratta di una guida della galleria fatta da un artista: quindi un libro che, pur mantenendo la sua autonomia artistica, può diventare uno strumento utile alle istituzioni stesse. Insomma, sempre secondo gli addetti ai lavori, fa venire voglia di andare al museo…
Hai già presentato il libro in molte città, tra cui Bologna, e in quell’occasione hai conversato con la Soprintendente di Archeologia, belle arti e paesaggio, Cristina Ambrosini. Cosa ne è emerso?
La presentazione si è svolta all’interno di un festival di fumetto, in una libreria indipendente, insieme a Emilio Varrà (presidente dell’associazione BilBOlbul) e, appunto, a Cristina Ambrosini. Secondo la Soprintendente Ombre è un caso studio interessante per gli specialisti, lo ha definito un modo nuovo e giusto di guardare al patrimonio e alla memoria con uno sguardo contemporaneo.
Lei ritiene che il libro costituisca una delle direzioni possibili per affrontare il patrimonio in chiave contemporanea. E c’è interesse da parte di altri musei per dare il via a nuovi taccuini di questo tipo?
Non posso ancora svelare i dettagli, ma sto già discutendo con altri tre committenti… Nel frattempo l’editore è stupito perché c’è molta richiesta e ha deciso di avviare la distribuzione internazionale del libro, nonostante i testi siano solo in italiano.
E il futuro di Ombre?
Nel futuro immediato è prevista una presentazione a Rimini per l’8 gennaio, al bar Lento: interverranno con me la storica dell’arte Alessandra Bigi Iotti, la tibetologa Chiara Bellini e il semiologo Paolo Fabbri.