Il grande bianco. Trascendenza della Grande Guerra

Il grande bianco. Trascendenza della Grande Guerra è una meditazione scenica sulla Grande Guerra.
Si tratta di un’opera per coro alpino, ensemble strumentale e live electronics creata per il Teatro Valli di Reggio Emilia in occasione del Festival Aperto.
Nella trincea della prima guerra mondiale, a cent’anni dalla tragedia, lo spettacolo si sviluppa più coinvolgente che mai: ci si può muovere fisicamente tra trincee, fumo e ricostruzioni allestite per la rappresentazione.

Tante sono le similitudini tra il 1914 e il 2014, perché la Grande Guerra è il vero momento in cui comincia la nostra storia recente.

 

Il Teatro Valli di Reggio Emilia viene completamente ridisegnato per ospitare Il grande bianco.
Il teatro viene trasformato in un grandissimo dispositivo percettivo: una macchina sensoriale che ospita il pubblico in un modo mai visto prima d’ora. Il grande bianco è un lavoro che utilizza tutti gli spazi del teatro, non soltanto il palcoscenico. Il pubblico non assiste frontalmente ma è dentro lo spettacolo, ne è parte” sostiene l’autore Roberto Paci Dalò.
Gli spettatori, divisi in due nutriti gruppi, vengono condotti lungo il percorso scenico “tra musica, oggetti, fumo e odori, per far vivere loro l’esperienza della trincea”.
Si torna indietro nel tempo. La mimesi del pubblico è assoluta e incondizionata.

Dilatazioni, silenzi, sospensioni

Si tratta di una riflessione sulla Prima Guerra mondiale a partire da quello che l’autore ha individuato come uno degli elementi chiave dell’intero conflitto: il sentimento dell’attesa collettivo.

Ogni retorica è annullata per inoltrarsi dunque in un luogo dall’atmosfera rarefatta. Lo stato d’animo che si vuole suscitare nello spettatore è infatti quello di “immobilità della notte in un luogo silenzioso”, come afferma l’autore.

Una guerra di trincea fatta di scontri cruenti ma allo stesso tempo di dilatazioni, silenzi, sospensioni. Un conflitto, quello della prima guerra mondiale che ha colto il mondo di sorpresa, provocando reazioni inaspettate e fenomeni sociali su larga scala come le diserzioni di massa, fino ad allora manifestazioni di dissenso solo sporadiche e isolate.

Inoltre, il luogo principale dove permane la memoria collettiva della Grande Guerra in Italia è rappresentato dalle Alpi. Sono queste impervie montagne a serbare il ricordo di quel dramma, così come i canti alpini, nei quali è custodita la reminiscenza mitologica della prima guerra mondiale.

Questi i punti di partenza dell’opera di Roberto Paci Dalò, che aggiunge: “Immaginiamo l’incontro tra un coro alpino e Morton Feldman.  Il risultato sarebbe un’opera dai silenzi più significativi degli stessi suoni. E non è questo, in fondo, la medesima peculiarità del riverbero della montagna?”

I canti della tradizione alpina

Durante il tragitto gli spettatori incontrano i musicisti dell’Ensemble del Peri e i le voci del Coro La Baita di Scandiano, che “pur dislocati in angoli diversi producono una melodia d’insieme”.

l materiali musicali di riferimento sono infatti i canti della tradizione alpina – in particolare quelli legati all’epopea della Grande Guerra- che vengono trasfigurati e ricomposti in un progetto contemporaneo dalla caratteristiche sorprendentemente nuove.

Il risultato della decomposizione è un’opera musicale trascendentale che evoca “spazi sospesi di notti terse dove anche i più piccoli suoni hanno luogo in un luogo piccolissimo e enorme allo stesso tempo: dove la vastità è percepita attraverso il dettaglio” sostiene l’autore.

Paci Dalò ha letteralmente “smontato e rimontato questi i canti alpini per creare sonorità ambientali o paesaggi sonori”.

Egli svolge una parte attiva nello spettacolo. È in scena come interprete al clarinetto basso.

Credits

Regìa, musica, immagini, clarinetto basso, live electronics
Roberto Paci Dalò

Coro
Coro La Baita, Scandiano

Ensemble strumentale
Istituto Musicale Peri, Reggio Emilia

Flauto
Marica Rondini

Violoncello
Samuele Riva

Contrabbasso
Daniele Bonacini

Percussioni
Gabriele Genta

Percussioni
Nicolò Tomasello

Maestro del coro
Fedele Fantuzzi

 

 

 

Spazio scenico, oggetti
Roberto Paci Dalò / Keiko Shiraishi

Assistente alla regìa
Teodoro Bonci del Bene

Ricerche letterarie e storiche, iconografia
Barbara De Franceschi



Post-produzione audio
Andrea Felli / Farmhouse



Produzione
Fondazione i Teatri





In collaborazione con
Giardini Pensili
Marsèll

Kronos Quartet
Terry Riley
Robert Lippok

Scanner
Philip Jeck
Giorgio Agamben
Gabriele Frasca
Levon Zekiyan
Mouse on Mars
Fred Frith
Alvin Curran
Predrag Matvejevic’

Il grande bianco è dedicato a Paolo Rosa