Potrebbe sembrare un film noir girato negli anni ‘40 con le luci e le ombre di quel mondo, con quell’estetica così emozionante e misteriosa. Un lavoro sulla scrittura, sulla calligrafia, sulla carta e l’inchiostro; una celebrazione della conoscenza e delle storie della gente accuratamente documentate nei libri. Le vite di coloro che hanno vissuto a Napoli nel corso dei secoli; un grande affresco della città stessa e delle sue geografie amorose; una mappatura in movimento. Come dice Giuliana Bruno evocando Walter Benjamin: “Non sono le date a creare la memoria che la Storia richiama. La Storia – come la microstoria personale – “ha luogo” nei luoghi”. Un
viaggio nella biblioteca del mondo. Un territorio tattile fatto di cinema come mezzo di trasporto nel tempo e nello spazio. Una cartografia in movimento dove il territorio narrativo della geografia può espandersi nella storia.
Pensare alla cartografia filmica come a uno strumento di mappatura culturale può essere un modo per accedere alla mutevole geografia dello spazio intimo e per interrogare, sul terreno psicogeografico, la funzione dell’archivio delle immagini rispetto al disegno di nuove mappe.
L’opera approfondisce il lavoro dell’artista il quale nel 2009 con il film “Atlas of Emotion Stream” (commissionato dal PAN Palazzo delle Arti di Napoli) ha proseguito una ricerca sulla città stessa di Napoli iniziata già nel 1993 con l’opera Napoli, ritratto acustico della città.