Shir, primo movimento da shir-hashirim Cantico dei Cantici. Fonemi, parole, sillabe sono la fonte della materia sonora. Nel buio iconoclasta risuonano parole che diventano a tratti frequenze quasi inaudibili. Il pubblico è al centro circondato da un ambiente acustico in permutazione. Le parole sono rese architetture, tridimensionali fino a creare lo spazio acustico del luogo che è la scena stessa
non immagini costruiscono i suoi muri, ma reverberi infiniti, rifrazioni. La vestizione di un unico soldato rincorre le lettere nei loro infiniti significati. In ebraico baciare nashàq comprende il senso di armarsi, di mordere, e con una semplice variante fonetica, di incendiare. Il bacio neshiqàh è analogo a un’arma nésheq. Mordere, lacerare è nashàkh. Nel Cantico la violenza meravigliosamente riposa. Il testo ama il proprio gioco, e indugia nel lento piacere di scoprire e di coprire nello stesso momento il suo oggetto. Colpisce la somiglianza delle sue parole coi gradi più alti del silenzio; è musica cessata in ogni suono, che affiora come pura memoria.